Se già da alcuni anni, tanto la ricerca accademica, quanto la pubblica arena si sono occupate di osservare ed analizzare gli effetti della disinformazione e di operazioni di informazione volte a manipolare l’opinione pubblica, mai come in questi ultimi anni la minaccia che esse rappresentano per la democrazia è apparsa tanto evidente.
Questa ricerca, che nasce nella sua concezione nel 2017, anno in cui l’Italia era membro eletto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e in cui ho avuto modo di osservare per la prima volta da vicino gli effetti della disinformazione tanto nelle relazioni fra Stati, quando sulle opinioni pubbliche di diversi Paesi, appare tanto più necessaria oggi che lo scoppio della pandemia prima e della guerra in Russia dopo ci hanno mostrato chiaramente il pericolo che un’opinione pubblica influenzata e manipolata può rappresentare per la democrazia e per la sicurezza nazionale.
Questo lavoro di ricerca – portato avanti tramite una collaborazione ad hoc fra la Harvard Kennedy School Misinformation Review, il LUISS Data Lab, il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Luiss Guido Carli, il Master in Giornalismo e Comunicazione multimediale dell’Università Luiss Guido Carli, l’University of Michigan e l’Istituto di Geopolitica Digitale, e che si trova oggi già al suo secondo ciclo di ricerca – è partito dalla necessità di analizzare concretamente gli effetti delle campagne manipolatorie nel nostro Paese e valutare le contromisure di policy e legislative che possono essere sviluppate in risposta al problema.
Questa esigenza di ricerca nasce dunque da una necessità eminentemente pratica che è quella di offrire alle istituzioni sia pubbliche che private strumenti per analizzare, monitorare e rispondere alla disinformazione in Italia e ad attacchi volti a manipolare l’informazione per scopi politici, economici o ideologici.
Quest’anno siamo stati anche fortunati di poter aggiungere un nuovo partner alla nostra collaborazione. L’organizzazione #ShePersisted, fondata dalla studiosa Lucina di Meco, che si occupa di valutare gli attacchi – specialmente online – alle donne in ambito pubblico e in politica, ha partecipato alla stesura di un caso di studio proprio su questo tema.
Tre sono stati dunque, quest’anno, i temi che abbiamo trattato con lo studio delle comunità che diffondono disinformazione in Italia. Oltre al caso sulla disinformazione di genere, abbiamo continuato gli studi dell’anno precedente sulle comunità AntiVax italiane e aperto un nuovo filone di ricerca incentrato sulla disinformazione in ambito di cambiamento climatico.
Tuttavia, con l’emergere della crisi in Ucraina, abbiamo osservato un improvviso spostarsi del focus di tutte le comunità su argomenti relativi al conflitto, a partire da febbraio 2022. Grazie al nostro lavoro di “censimento” e monitoraggio dei network della disinformazione siamo però stati in grado di tracciare immediatamente queste nuove narrative e di condividere anche con i nostri partners queste informazioni, in modo da supportarne il monitoraggio in tempo reale. È dunque grazie a questo lavoro di studio dei network e delle tecniche di manipolazione dell’informazione che in momenti di crisi, come quello della guerra in Ucraina, si riesce a rispondere in maniera più rapida ed efficace.
A questo lavoro si è accompagnato, rispetto alla sezione giuridica della ricerca, anche l’aggiornamento dello stato dell’arte sul piano istituzionale e normativo (in linea di continuità con il lavoro dello scorso anno), con particolare riguardo all’analisi dell’avanzamento dei lavori per l’approvazione dell’EU Digital Services Act. In conclusione della sezione giuridica della ricerca, poi, sono state aggiornate le indicazioni di policy rivolte ad attori pubblici e privati, con l’aggiunta anche di nuove raccomandazioni analitiche e dettagliate per implementare strategie di contrasto al fenomeno della disinformazione.
In generale abbiamo osservato con piacere che, negli ultimi anni, le istituzioni sia italiane che Europee
e di altri Paesi abbiano compreso l’importanza di questa sfida e stiano mettendo in campo soluzioni
concrete per rispondere a questo problema. Ne sono esempio le innovazioni in ambito di comunicazione diplomatica e coordinazione istituzionale del Ministero degli Esteri, così come le nuove policy Europee, come il rafforzamento del Code of Practice on Disinformation, recentemente approvato dall’Unione Europea.
Nei prossimi anni, queste iniziative dovranno intensificarsi e il nostro ruolo sarà quello di capire come la disinformazione si diffonde in Italia per dare anche strumenti alle Istituzioni per reagire.
Seppure la disinformazione non rappresenti un’assoluta novità strategica, le innovazioni tecnologiche e le modifiche all’ecosistema dell’informazione degli ultimi anni hanno aggiunto ulteriori livelli di complessità, portando allo sviluppo di nuove e più sofisticate tattiche e strategie, che rendono queste campagne più rapide ed efficaci e permettono a diversi gruppi di attori, tanto pubblici quanto privati, tanto domestici quanto stranieri, di intervenire in maniera ingannevole nel dibattito democratico.
Ed è per questo che abbiamo sviluppato questo lavoro, che speriamo sarà utile a facilitare una maggiore comprensione del problema e a porre spunti di riflessione per risposte di policy, sia pubbliche che private. Crediamo infatti che solo grazie alla collaborazione fra diversi ambiti di ricerca accademica, istituzioni pubbliche e private e piattaforme digitali sarà possibile elaborare risposte efficaci a lungo termine.
Di Irene Pasquetto, Direttrice della ricerca