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La mappa dei migranti per conoscere le vite perdute in cammino

La mappa dei migranti racconta il viaggio disperato verso i paesi più sviluppati che costa la vita a migliaia di esseri umani, di bambini, donne, anziane, ogni giorno. Fra loro, dimenticato da noi tutti, il piccolo Kenzi, che aveva tre anni quando un’onda ha ribaltato l’imbarcazione che dall’Algeria lo avrebbe condotto all’Italia.

La mappa dei migranti del Datalab Luiss è un documento interattivo di Data & Geo Storytelling, che fornisce una rappresentazione delle morti occorse negli esodi degli ultimi anni. 

Uno strumento di informazione ed E-Literacy per un tema centrale nel dibattito socio-politico internazionale degli ultimi anni, finito bersaglio di una massiccia campagna di disinformazione.

Ideato e realizzato dal Luiss Data Lab in collaborazione con la startup innovativa CatchyAlkemy Lab e Kode Srl, il progetto, costruito sui dati, si avvale delle moderne tecnologie di Geo Intelligence e Geo Visualization. L’intento è comunicare, in forma visuale e spaziale, il fenomeno nella sua interezza, senza trascurare la singolarità delle migliaia di storie che lo compongono, l’umanità che esse raccontano.

Clicca QUI per visualizzarla 

I dati utilizzati nella mappa dei migranti

Per la preparazione del dataset di riferimento, sono stati analizzati ed elaborati gli open data messi a disposizione dal portale Missing Migrants. Si tratta di dati collezionati per mezzo di bollettini ufficiali offerti da governi e ONG, di notizie su media tradizionali e social, ma anche di testimonianze e interviste ai sopravvissuti. Informazioni raccolte consultando più fonti e confrontandole con i record già in possesso, per evitare il conteggio multiplo dei decessi. Il dato, in continuo aggiornamento, si riferisce a morti occorse sia per terra che per mare.

I numeri restano impressionanti, dal dicembre 2013, data iniziale di riferimento, hanno perso la vita 47.278 uomini e donneSono morti 2.561 bambini.

Visualizzazione della mappa

La distribuzione geografica delle informazioni avviene grazie all’utilizzo di strumenti di Geo Intelligence che permettono la esatta collocazione su un planisfero di ogni posizione cercata.

Il risultato è una mappa mondiale sulla quale sono presenti tutti i decessi registrati, visibili sotto forma di puntini – rossi per gli adulti, gialli per i bambini – nell’esatto luogo dove sono avvenute le tragedie. Questo permette una visione totale delle rotte che risultano fatali per i profughi, i luoghi più foschi della strage ignorata dai media.

Interazione, dal globale al puntuale

L’opportunità offerta dalla tecnologia è dunque la possibilità di cambiar scala di grandezza, di “zoomare” all’interno della mappa, di muoversi dal punto di vista macroscopico dei numeri alla sofferenza di un singolo essere umano.

Con un click si possono leggere le informazioni sull’evento: data, cause, descrizione, numero di morti e dispersi, eventuali superstiti, con i link alla fonte dei dati. Si può poi calibrare la visualizzazione di diversi dataset, si può variare l’intervallo temporale, isolare le informazioni di adulti o bambini, visualizzare l’evoluzione delle rotte in diversi lassi di tempo. Ulteriore valore informativo è la possibilità di selezionare i diversi itinerari, cui è dedicata una specifica narrazione.

Junior, Ali, Mamadou, Boubacar. Lo scorrimento dei nomi, le immagini offerte da Oxfam Italia e Medici Senza Frontiere ci mostrano i volti della tragedia, le vittime del dramma dietro i dati.

Mappa dei migranti: le principali rotte, il Mediterraneo

«Alcuni pensano di trovare una vita migliore in Europa, altri fuggono dalla guerra. Ma tutti sentono di non avere altra scelta». A parlare è Hakim Bello, che dalla Nigeria è arrivato in Libia, dove ha attraversato l’itinerario più pericoloso d’Europa: il Mediterraneo Centrale. Sono oltre 17.800 i morti in quel tratto di mare nel periodo considerato. È la rotta per noi più familiare, quella dei barconi che partono dalle coste libiche e che sperano di essere recuperati in acque internazionali dalle navi militari o dalle ONG. Molti dei migranti sono stati per mesi prigionieri dei centri di detenzione libici, subendo violenze e abusi. La meta, Lampedusa, dista circa 140 chilometri dalle coste tunisine. «Mentre negli anni scorsi era stata la destinazione di grosse navi, oggi il traffico è fatto soprattutto di piccole barche di legno che partono dalla Tunisia» ha scritto Annalisa Camilli sul magazine Internazionale.

Il principale canale di arrivo in Italia è quello del Mediterraneo Orientale, dalla Turchia passando per le isole greche. Non ci sono dati certi su questo flusso, di cui fanno parte anche i cosiddetti “sbarchi fantasma”, piccole imbarcazioni che dalle coste turche arrivano in Salento o in Calabria. «Parliamo di immigrati siriani, curdi, pakistani, quasi tutti diretti in Germania, migranti economici, scolarizzati, nuclei familiari consapevoli e informati. Pagano tanto e vengono fatti viaggiare in condizioni quasi accettabili», ha raccontato al Corriere della Sera il procuratore di Crotone, Giuseppe Capocci. Il 3 giugno 2018 un motoscafo con a bordo 15 persone ha subito un’avaria, affondando vicino alle coste turche. A perdere la vita sono stati due uomini, una donna e sei bambini. «I contrabbandieri ci hanno messo su una barca, ho pensato che ci sarebbe stato un capitano, ma non c'era nessuno, nessuno a bordo sapeva navigare, ci sarebbero voluti dieci minuti fino alla costa greca, ma siamo rimasti bloccati nello stesso posto per due ore e alla fine è affondata» ha raccontato un superstite siriano.

Lo stretto di Gibilterra è largo appena 14 chilometri, e tra le coste dell’Andalusia e del Marocco ci sono al massimo 200 chilometri. È la rotta del Mediterraneo Occidentale, attraversata soprattutto da cittadini marocchini. Il governo spagnolo ha costruito enormi recinzioni che separano Ceuta e Melilla, due città autonome spagnole circondate dal Marocco. Migliaia di persone cercano di scavalcare le recinzioni; quella di Melilla, soprannominata la Valla, “la barriera”, è alta, minacciosa e costruita su più livelli.

Il canale della Manica

Arrivati in Europa, molti immigrati cercano di spostarsi verso i paesi che offrono più opportunità. Fino al 2018 la maggior parte di loro voleva raggiungere il Regno Unito, ma sono morti nel tentativo di salire su camion e treni, prima di entrare nel tunnel della Manica. Dal 2018 l’aumento dei controlli alla frontiera ha reso impossibile questa opzione e ha, di fatto, aperto una nuova rotta, quella che collega la cittadina bretone di Calais all’inglese Dover. Inoltre, dopo la Brexit, è diventato più complicato raggiungere il Regno Unito per vie legali, come il ricongiungimento familiare. Mentre il governo francese e quello britannico stanno discutendo sul controllo della frontiera, il 24 novembre 2021 un’imbarcazione è affondata al largo di Calais e 27 persone sono morte nella peggiore tragedia avvenuta nel canale.

I Balcani

Il mare non è l’unica via di fuga. Il rafforzamento dei confini e la nascita della polizia di frontiera europea, Frontex, hanno ristretto i passaggi in prossimità dei Paesi balcanici. Per rispondere alle provocazioni del presidente bielorusso Lukašenka, che sta usando i flussi migratori per ricattare l’Unione europea, spingendo i profughi contro il confine della Polonia, Morawiecki, premier polacco, ha schierato dodicimila militari per “difendere i confini europei”. Così migliaia di persone sono rimaste bloccate nella terra di nessuno, inaccessibile alle organizzazioni umanitarie.

Messico

La morte cavalca a Rio Bravo” è il titolo di un film western di Sam Peckimpah del 1961, ma anche ciò che sta accadendo ancora oggi sulle sponde del fiume che divide i due stati. I migranti, minacciati dalla polizia di frontiera, si lanciano nel Rio Bravo e annegano. Altri clandestini tentano di superare il confine stipati nei camion, ma gli incidenti stradali sono frequenti.

Durante il suo mandato, il presidente americano Trump ha reso più difficile la richiesta di asilo e, con il pretesto della pandemia, ha rafforzato la chiusura dei confini. All’inizio del 2021 Biden, attuale presidente Usa, aveva sospeso il programma sull’immigrazione, “Remain in Mexico”, che prevede l’espulsione immediata in attesa della decisione delle autorità. La Corte Suprema, però, ha definito «arbitraria e ingiustificata» la decisione, costringendo l’amministrazione a ripristinarlo.

“Bingo!”, scritto su un cartello bianco in scintillanti lettere rosse, è la prima cosa che vedono i superstiti dopo aver attraversato il confine tra Messico e Texas.  È la pubblicità di una sala giochi poco distante, ma per chi passa una frontiera sembra un promemoria: per arrivare e per avere una vita dignitosa negli stati occidentali, bisogna essere fortunati.

Articolo di Enzo Panizio e Niccolò Ferrero, studenti del Master in Giornalismo e Comunicazione Multimediale dell’Università LUISS Guido Carli.